Face-App e le altre: se qualcosa è gratis, il prezzo siamo noi
Face-App e le altre: se qualcosa è gratis, il prezzo siamo noi
Daniela Zepponi
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Pubblicato il 02 Agosto 2019

Negli ultimi giorni è sufficiente fare un giro in qualsiasi social network esistente per imbattersi in foto di individui invecchiati o ringiovaniti, ma soprattutto invecchiati: a chi si sta chiedendo cosa ci sia alla base di questo fenomeno, basti sapere che nessuna macchina del tempo è stata inventata, ma una semplice applicazione sì, disponibile gratuitamente per iOS e Android: il suo nome è FaceApp.

 Cos’è e come funziona FaceApp?

 L’app in questione non è di nuovissima uscita ma è comunque relativamente recente: è stata lanciata a gennaio del 2017 e, servendosi di un’intelligenza artificiale, consente di elaborare e applicare effetti particolari alle foto che si decide di modificare, precisamente ai volti: non solo è in grado di restituire un’immagine spaventosamente realistica di come presumibilmente invecchieremo (l’effetto che più sta spopolando nell’ultimo periodo), ma permette anche di cambiare espressione, sesso, taglio e colore dei capelli.

FaceApp può essere scaricata gratuitamente, anche se quasi tutti gli effetti proposti sono a pagamento tranne quello dell’età (è possibile anche ringiovanire i volti) e pochissimi altri. Per poterli utilizzare tutti è dunque necessario sottoscrivere un abbonamento di 3,99 euro mensili oppure 19,99 annuali. Chi ha intenzione di usarla per sempre, deve invece pagare 43,99 euro.

Tuttavia, se si intende semplicemente soddisfare la curiosità di vedere come potrebbe essere il proprio volto tra trent’anni, nessun costo è previsto.

 FaceApp: i dubbi sulla privacy

 Molto divertente, certo, ma anche FaceApp e altre applicazioni simili, come tutte le cose, ha i suoi lati negativi. L’allarme riguarda la privacy e l’utilizzo che l’app, gestita da una società russa, farebbe delle foto inserite e dei nostri dati.

Dove andranno a finire? La policy sul trattamento dei dati (da molti accettata senza neanche averla letta) non sembra in linea con la GDPR europea.

Si sa, quando ci si muove in rete con i propri dispositivi si lascia sempre una traccia. E tutto ciò porta a una naturale riflessione: se qualcosa è gratis, il prezzo siamo noi.