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Avete mai sentito parlare di re-branding? In pratica un’azienda decide di effettuare un restyling delle proprie attività o di uno specifico prodotto, o magari lavora per riposizionarsi con un target differente.
Il rebranding può essere totale o parziale: totale, se come già detto si mira a cambiare non solo aspetto, ma anche sostanza, se parziale quando c’è invece la necessità di svecchiare una grafica che magari risulta “fuori squadra” rispetto a quello che si vuole comunicare al pubblico e ai propri clienti. Non dobbiamo dimenticare che il mercato è in continua evoluzione, e le aziende devono non solo adattarsi ad esso, ma anche comunicarlo essere in grado di comunicarlo.
Ora vi porteremo alcuni esempi di rebranding che hanno avuto successo, e di altri che invece si sono dimostrati dei veri epic fail, rimasti nella storia per la loro bruttezza o la loro inutilità.
AIRBNB
Decine di persone hanno impiegato un anno per realizzare una delle operazioni di rebranding più sbeffeggiate della storia della comunicazione. Preso di mira è stato soprattutto il simbolo, che non solo faceva già riferimento ad un’altra azienda, ma si metteva alla merce’ dei bontemponi che vedevano in esso ogni tipologia di riferimento volgare…Insomma, Caro Airbnb per noi (e per il resto del mondo) è un no.
MASTERCARD
Altro pessimo esempio di rebranding è stato quello di Mastercard: mentre in genere si va verso la semplificazione del logo del marchio, per adattarlo alla comunicazione digitale, in questo caso sono stati aggiunti talmente tante ombre e sfumature da farlo diventare non solo incomprensibile ma anche inguardabile. È stato ovviamente abbandonato dopo pochissimo tempo, subissato dalle critiche.
GAP
Da Gap, invece, il colosso dell’abbigliamento, sono stati rapidissimi. In sei giorni hanno operato un restayling che però ha lasciato senza parola le persone per la sua strepitosa banalità. È stato infatti eliminato il font tipico di Gap, che aveva raggiunto ormai una fama planetaria, in favore di un Helvetica così banale che più banale non si può. Anche l’equilibrio cromatico è stato spostato verso destra, con l’azzurro che non è più lo sfondo totale, e quindi al centro del logo e della vista dei clienti, ma ridotto a piccolo quadrato sulla destra. Indovinate un po’ come è finita? Ovviamente che sono tornati indietro più veloci della luce.
PEPSI COLA
Forse il più costoso rebranding è stato quello della Pepsi Cola, per il quale è stato speso UN MILIONE DI EURO. Sì, avete capito bene: la Pepsi ha investito un milione di euro per fare quello che vedete qui sotto. Spostare tre righe di colore. Però loro ne sono stati soddisfatti e a differenza degli altri tre hanno deciso di tenere il nuovo logo.
FEDERAL EXPRESS
Federal Express ha deciso di assecondare gli utenti che abbreviavano il brand name in FedEx. Nel 1994 modificò quindi anche il suo logotipo, che diventò un esempio celebrato in tutto il mondo grazie anche al brillante utilizzo dello spazio negativo tra le lettere "E" e "x" che riproduce una freccia.
SPOTIFY
Il nuovo logo di spotify appare decisamente più “istituzionale” e serio rispetto al precedente pur mantenendo un elevato livello di riconoscibilità (stesso colore, stesso nome e stesso tratto distintivo). Gli elementi superflui e inutili sono stati rimossi e l’immagine appare più semplice, definita e riconoscibile.
SISTEMA 3
Anche noi di Sistema 3 abbiamo operato un rebranding che può essere considerato parziale, perché riguarda soprattutto la grafica del logo e il rinnovo del sito, ma che in realtà mostra un’evoluzione importante del nostro core business che nel tempo si è spostato sempre di più dall’hardware verso i software. È stata realizzata da Giovanni della Ceca puntando sulla semplicità e sull’armonia dell’immagine con la scelta di un nuovo font e di un colore, l’arancione, che racchiude in sé proprio questi significati. Dobbiamo dire che ne siamo decisamente orgogliosi: il nostro rebranding rappresenta il futuro creativo che immaginiamo per noi. E voi, cosa ne pensate?