Timing di invio e pressure: quando contano nell'email marketing?
Timing di invio e pressure: quando contano nell'email marketing?
Daniela Zepponi
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Pubblicato il 06 Agosto 2020

 

Abbiamo parlato più volte di email marketing, ma non abbiamo mai affrontato la tematica relativa alla tempistica: quanto incide il mese o l’ora di invio sul tasso di apertura? E quanto il numero di invii può stimolare l’apertura oppure far disiscrivere le persone?

 

Timing di invio

 

In vari studi viene evidenziato come in alcuni mesi i tassi di apertura sono decisamente ridotti, mentre in altri è decisamente più alta. Le aperture presentano un calo negli ultimi mesi dell’anno, in coincidenza dell’aumento dei volumi di invio: le aperture sono invece maggiori dove i volumi sono più contenuti. Prendendo in considerazione le differenti audience (B2B, B2C, Misto), notiamo che i volumi sono distribuiti in maniera simile.

 

Gli studi hanno analizzato anche volumi e aperture delle email nei sette giorni della settimana e nelle 24 ore giornaliere. Considerando gli invii complessivi emerge che l’attività sia più intensa nelle ore della mattina, per poi calare fino all’ora di pranzo e rimanere stabile fino alle 19.  Guardando le variazioni nell’arco della settimana, si nota che gli invii si concentrano per lo più nei giorni feriali, mostrando un calo molto marcato nel weekend.

 

Quanta pressione subiscono i destinatari?

 

Ma come rispondono i destinatari alla pressione delle email, ovvero al numero di messaggi che un destinatario riceve in un determinato periodo? Considerando unicamente i destinatari che hanno aperto le email, un incremento della pressure impatta positivamente sul tasso di aperture totali, se invece consideriamo tutti i destinatari – anche coloro che non hanno aperto le email – scopriamo che una maggiore pressione impatta negativamente sul tasso di apertura.

 

Se ne deduce quindi che una maggiore pressione esercitata sul destinatario da parte dell’azienda produce un maggior numero di interazioni complessive con l’email e, al tempo stesso, un decremento del numero di lettori della singola email.

 

Molto interessante è la valutazione del grado di incidenza della pressure sul tasso di disiscrizioni volontarie. I dati rivelano che i destinatari su cui si esercita una maggiore pressione (settimanale) sono più propensi a disiscriversi.

 

Una dinamica che però non deve allarmare, dal momento che un certo tasso di disiscrizione è fisiologico in ogni database aziendale; al contrario, una pressure debole – mensile o oltre il mese – mette sì al riparo da un consistente tasso di disiscrizione, ma avvicina il rischio di un mancato coinvolgimento dell’audience nella comunicazione.